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Cultura nautica

L’equipaggio invisibile – Andrea Cappai

Andrea Cappai - L'equipaggio invisibile

Andrea Cappai, L’equipaggio invisibile – Robert Clark e la nascita della vela moderna – Nutrimenti

Robert Clark, progettista di barche senza tempo

Uno splendido libro, scritto con passione, su uno dei protagonisti della storia dello yachting moderno, Robert Clark, dal cui spiccato senso pratico e artistico sono nate barche uniche per bellezza, velocità, piacevolezza del navigare ed innovatività delle soluzioni adottate.
Ortac, con il primo pulpito di prua della storia, disegnato dal collaboratore di Clark, Austin Farrar.
Favona, ‘la più piccola barca di sempre ad aver vinto il Fastnet’, nel 1953.
Gipsy Moth III di Francis Chichester, vincitore della prima Ostar, la traversata atlantica in solitario.
British Steel, lo yacht in acciaio di cinquantanove piedi che, condotto da Chay Blyth, circumnavigò il globo senza scalo lungo la rotta impossibile, ovvero da est a ovest, in duecentonovantadue giorni, tra la fine del 1970 ed il 1971.
E poi la Mystery Class, Gleam, la classe Inverie, John Dory, Serica e molte altre.

Lo yachting dell’era moderna

Ma il libro non è, per fortuna, un’opera omnia del progettista, come afferma lo stesso autore. Il suo stile narrativo e appassionato introduce il lettore in quel periodo storico, a partire dagli anni ’30 del secolo scorso e fino agli ’60-’70, in cui un manipolo di giovani e talentuosi progettisti traghettò lo yachting nell’era moderna, ponendo le basi per la nautica di massa.
Robert Clark fu uno di questi. ‘Navigatore solitario’, come lo definisce il Times in occasione della sua morte nel 1988, fu da sempre accompagnato in navigazione dal suo ‘equipaggio invisibile’, fatto di ‘passione, ricerca della semplicità ed equilibrio’. Le sue barche dovevano essere belle, veloci, comode e piacevoli da condurre e tutti i suoi sforzi erano tesi a far sì che ciò si realizzasse. In eredità ci ha lasciato barche senza tempo.

Il mare, i cantieri, i club e i marinai

Il libro ha il sapore del sale. Il mare, quello del nord, l’atlantico, onnipresente, è fulcro centrale di passioni e mestieri che gli ruotano intorno. I cantieri che collaborano con Clark, non solo quelli più famosi e specializzati nella costruzione di yacht, ne sono intrisi da decenni trascorsi a costruire e riparare imbarcazioni. Nel caso del cantiere scozzese J Miller & Sons, un secolo e mezzo passato quasi esclusivamente a costruire e risolvere problemi su imbarcazioni da pesca e da lavoro, prima di collaborare con il progettista inglese.
E poi, fondamentali per la carriera di Clark, ci sono i circoli dell’Inghilterra del sud ed i club Londinesi con i loro stimoli, le regate e le imprese sognate, progettate e portate a termine con successo da marinai avventurosi.

I demoni

Le riflessioni finali di Cappai, riguardo il mestiere del maestro d’ascia, il restauro e i suoi demoni, il ruolo del tempo, valgono l’intero libro.

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Lo Yacht – Carlo Sciarrelli

Loyacht - Carlo Sciarrelli
Carlo Sciarrelli, Lo Yacht, Ugo Mursia editore
L’educazione al bello

Un libro sulla storia dello yachting e della progettazione nautica. Non vi troverete calcoli ma uno strumento unico per cominciare a comprendere il perchè ed il percome delle forme delle barche e per conoscere i progettisti che, con le loro creazioni, hanno fatto la storia dello yachting.
E’ un libro che fornisce spunti di riflessione ed approfondimento su che cosa è ‘bello’, ‘giusto’, ‘classico’, ‘una barca dalle linee pure’ e che, lo apprezzo particolarmente per questo, non fornisce praticamente soluzione. Forse, da studioso qual’era, Sciarrelli era ben consapevole che, alla domanda su quale fossero i criteri per fare di una barca un’opera d’arte, non vi era praticamente risposta. Ma qualche indicazione pur la troverete.

Tantissimi progetti realizzati ma nessuna menzione oltreoceano

Sciarrelli ha dato vita, tra il 1960 ed il 2005, a 138 progetti di cui la maggior parte realizzati e ad un libro che, a mio parere, rappresenta un unicum nel suo genere tra i pochi libri reperibili in lingua italiana. E ciononostante il suo nome non compare, insieme ai nomi di altri sedici progettisti italiani, nel The Encyclopedia of Yacht Designers di Knight and MacNaughton, che io sappia la più completa pubblicazione americana sugli yacht designer di tutto il mondo a partire da circa la fine del 1800 fino ad oggi. Questo fatto mi risulta ad oggi ancora incomprensibile, spiegabile solo con un esplicito dissenso da parte del progettista all’inserimento del suo nome nella pubblicazione americana.

Un libro da tenere sempre vicino

Un libro bellissimo. Di quelli che di tanto in tanto hai voglia di riandare a sfogliare, di tenere a portata di mano per rileggere intere parti già lette, e scoprire che tra le pieghe di una frase c’era qualcosa che non avevi pienamente compreso.
Scritto da chi progettava, con sapere artigiano ed occhio allenato al bello, barche splendide, pensate per navigare.
Per me un Maestro, anche non avendolo mai conosciuto, ho amato e amo le sue opinioni forti, forse per alcuni discutibili, ma che danno gioia per la libertà di giudizio e l’onestà intellettuale che esprimono.

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Entrobordo: quanta potenza?

Fuoribordo-Cigno

Cigno è un cutter olandese del 1950. Scafo in acciaio a chiglia lunga con le seguenti caratteristiche:
LOA: 9,4m (lunghezza fuori tutto)
LWL: 7,8m (lunghezza al galleggiamento)
D: 6,9t (dislocamento)
T: 1,7m (pescaggio)
Bmax: 2,4m (larghezza massima)

I calcoli

La sua velocità critica è di circa 6,8 nodi e i calcoli danno una resistenza totale all’avanzamento pari a:
19 kg a 3,8 nodi di velocità
31 kg a 4,7 nodi
51kg a 5,5 nodi
132 kg a 6,4 nodi.
A conti fatti, per spingere la barca ad una velocità di 6,4 nodi risulterebbe necessaria una potenza all’elica di circa 5,8cv. Considerando un rendimento di trasmissione di 0,5 ed un ulteriore fattore – pari a 0,7 – per tenere conto della presenza degli zinchi e di una carena non perfettamente pulita, la potenza erogata dal motore, a monte dell’invertitore, dovrebbe essere di circa 16,5cv.
Per una velocità di avanzamento di 5,5 nodi, a mio parere più che dignitosa per una imbarcazione di queste dimensioni, la potenza necessaria calcolata è pari a 2,85cv all’elica. Ovvero 5,7cv a monte dell’invertitore.

Come ci si regolava qualche decennio fa?

In passato, per il dimensionamento del motore di una imbarcazione a vela si faceva affidamento sulla relazione empirica che considerava circa 2cv di potenza per tonnellata di dislocamento. Nel caso di Cigno tale relazione darebbe come risultato 14cv, più o meno in linea con quanto risultato dai calcoli, considerando una velocità di avanzamento di 5-6 nodi in acque calme ed un certo margine di sicurezza in caso di cattivo tempo e mare formato.

Una prova in mare

Ho trasferito Cigno per trenta miglia in assenza di randa e con l’entrobordo bloccato, con l’ausilio delle vele di prua e di un piccolo fuoribordo a due tempi da 7,5cv a gambo lungo installato a poppa per l’evenienza. Elica da spinta di non più di 9 pollici di diametro. Vento di 6-8 nodi di poppa e onda al giardinetto di 0,6/0,8m.
A parte il problema della fuoriuscita dell’elica nel cavo dell’onda – e non mi sentirei di consigliare, per questo motivo, l’utilizzo di un fuoribordo su di una imbarcazione con linee simili – quando riuscivo a dare tutta manetta per 4-5 secondi di seguito, la velocità dell’imbarcazione aumentava sensibilmente, ed arrivavo quasi a stabilizzare Cigno nel cavo dell’onda. Nessun problema di risalita della corrente di circa 2 nodi in entrata a Fiumara Grande con meno della metà della manetta.
Prima di effettuare il trasferimento nutrivo dubbi sulla possibilità di utilizzare un motore così piccolo su di una barca di quasi sette tonnellate. Ora ho pochi dubbi che 2cv per tonnellata bastino e avanzino per spingere Cigno in quasi tutte le condizioni.

Cosa ci dicono Moitessier e Woodenboat

Nell’appendice di Capo Horn alla vela Bernard Moitessier descrive come troppo piccolo il motore di 9cv installato su Joshua, il suo ketch in acciaio di 13,4 tonnellate di dislocamento, prevedendo, quando possibile, di sostituirlo con uno da 15 cavalli di potenza, ‘sufficiente per ottenere una velocità di quattro nodi con mare piatto, e se c’è vento… ci sono le vele allo scopo’. 15 cavalli, poco più di 1cv per tonnellata.
Nell’ultimo numero di Woodenboat (n.250), nell’articolo Electric Auxiliary for a Sailboat di John Taggart, si trovano dati utili che confermano quanto sopra, oltre che molte informazioni di valore per chi interessato ad un sistema elettrico da installare a bordo della propria imbarcazione.
Quella di Taggart, Nereid, è un Bermuda 30 ketch del 1962 progettato da Nathaniel G. Herreshoff:
LOA: 9,02m
LWL: 7,32m
D: 4,59t
T: 1,12m
Bmax: 2,67m.
In sostituzione del vecchio entrobordo a gas il proprietario installa un sistema elettrico il cui propulsore è costituito da un motore sincrono trifase da 12kW (16cv) di potenza.
Da prove effettuate in acqua (presumo calme) i dati registrati relativamente all’assorbimento di corrente del motore (in Ampere), in relazione alla velocità dell’imbarcazione, sono i seguenti:
2A a 1,6nodi
6A a 2,5nodi
14A a 3,5nodi
45A a 4,8nodi
che in termini di potenza (in cavalli) erogata dal motore si traducono nelle seguenti relazioni:
0,14 cv a 1,6nodi
0,41 cv a 2,5nodi
0,91 cv a 3,5nodi
3,2 cv a 4,8nodi

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Vigilant

Vigilant - Uffa Fox

Una barca che mi fa spesso sognare.
Il suo armatore, Uffa Fox, la progetta e costruisce per sé sulla base del 22 Square Metre Class (Skerry Cruiser). Stessa lunghezza al galleggiamento e fuori tutto del 6m Stazza Internazionale ma la metà del peso e, conseguentemente, meno superficie velica.
Un siluro. Stretta e profonda, con il 45-50% del peso totale in chiglia.
Il dislocamento di 2 tonnellate le fa assumere un valore del dislocamento relativo di solo 120. Un valore già basso per gli standard delle barche da crociera di oggi, figuriamoci nel 1930, anno di costruzione di Vigilant, quando barche aventi stessa lunghezza al galleggiamento avrebbero normalmente pesato intorno alle 4 o 5 tonnellate. La sua leggerezza le costò, unica barca del tipo presente in Inghilterra, la non possibilità di regatare nella Q class del Solent.
Le regole della 22 Square Metre impongono la presenza di cuccette sottocoperta. Ciò rese Vigilant più versatile rispetto ad un 6m – oltre che molto più economico da costruire visto il suo basso dislocamento – fornendo all’equipaggio un riparo in caso di maltempo e per riposare quando non di turno, e dando inoltre la possibilità di pernottare a bordo e non in Hotel una volta raggiunta una località di regata. Una barca quindi particolarmente adatta ad equipaggi giovani e con limitate disponibilità economiche, desiderosi di trascorrere il periodo estivo in barca percorrendo miglia ed alternando lo svago con la partecipazione alle competizioni che avessero incontrato sul cammino.

Uffa se la costruisce ed in tre di equipaggio, lui compreso, si avventura in una crociera da Cowes (Inghilterra) a Sandhamn (Svezia) e ritorno a Lowesoft – circa 1000 miglia in totale – in un’estate ricordata per l’intensità dei venti registrati ed il numero delle burrasche. Vigilant ne incontra tre ed il suo equipaggio si ritrova a planare a velocità superiori ai 10 nodi e a bolinare per 150 miglia con mare agitato.

Barca bellissima, come lo sono tante barche strette, con slanci estremi, soprattutto quello di poppa. Slanci che rappresentano un disturbo con mare formato a poppa ed in assenza di vento, come afferma lo stesso Uffa, ma che permettono a Vigilant di aumentare a dismisura la sua lunghezza al galleggiamento già con venti moderati e di bolina e, conseguentemente, la sua capacità di raggiungere velocità elevate.
Vigilant non ha winch. Ha un bordo libero bassissimo, 45 cm che ti permettono di mettere una mano in acqua mentre navighi, come faresti su una deriva od una canoa, ed una superficie velica di 236 sq.ft., ovvero di appena 22mq. Una quantità di tela che, suddivisa tra randa e fiocco, risulta gestibile da un uomo solo in quasi tutte le condizioni meteo.
Superficie velica gestibile da una sola persona, nessun winch, nessun orpello inutile, timone a barra. Leggera ed economica, veloce con vento in poppa e meravigliosa boliniera. Una barca marina. Spartana sottocoperta: due cuccette e lo spazio sufficiente per cambiarsi i vestiti bagnati o cucinare qualcosa di caldo.
Un modo di andare per mare pensato per il Mar Baltico ed il Mar del Nord e che varrebbe la pena reinventare per il Mediterraneo.

LOA: 34’6”
B: 6’4”
Displ.: 2 tons
LWL: 25’6”
T: 4’3”
Sail Area: 236 sq.ft.

Riferimenti:
Sailing, Seamanship and yacht construction, Uffa Fox, Dover Publications, Inc.
http://www.britishclassicyachtclub.org/yachts/092-vigilant.html
http://www.sskf.se/regeln/SKRULE2013.pdf

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La velocità relativa di una imbarcazione

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Giovanni, ingegnere. Venti anni di frequentazione della grande e piccola nautica classica e tradizionale, ed una innata passione per i lavori manuali. L'amore per la qualità ed i valori della tradizione. Il sogno di creare belle barche. Anni trascorsi sulle linee disegnate da Olin Stephens, Carlo Sciarrelli, Aage Nielsen e tanti altri prima, e di artisti come Iain Oughtred e Albert Strange più tardi. La convinzione che il lavoro di concetto e la tecnologia abbiano un senso solo se in grado di renderci la vita più semplice e più piacevole: devono essere di ausilio alla Qualità ed alla sua diffusione, più che alla quantità di ciò che si produce.
Baarca è il risultato di tutto ciò. Ed è in continua evoluzione.

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